La mancata restituzione della caparra prevista in un contratto di compravendita non configura il reato di appropriazione indebita

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Nel caso preso in esame,  il futuro venditore aveva ricevuto una somma a titolo di acconto sul maggiore prezzo dovuto in un contratto preliminare. Tuttavia le trattative non vanno a buon fine ed egli decideva di non restituire la predetta somma. Viene condannato in primo grado per il reato di appropriazione indebita.

La Cassazione, però, ha escluso che si potesse trattare  di appropriazione indebita in quanto il reato richiede una condotta di impossessamento di una cosa altrui che nel caso di specie mancava. Infatti nella appropriazione indebita il soggetto riceve del denaro per un uso prefissato e finisce per disporne per altre finalità, di solito per propri interessi personali. Diversamente, nel caso delle somme di denaro consegnate a titolo di caparra, il venditore ne diventa proprietario con la consegna ed è tenuto in caso di adempimento a restituirne l’equivalente all’acquirente o ad imputarla alla prestazione dovutagli.

Dunque, l’unico rimedio dell’acquirente per riavere indietro la caparra è quella di intentare un’azione civile volta ad ottenere la condanna per inadempimento contrattuale – nei confronti del venditore – al versamento di tale importo.

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