Guida in stato di ebbrezza e sospensione della patente di guida

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Uno dei casi giudiziari oggi più diffusi nelle aule dei Tribunali è il reato di guida in stato di ebbrezza che comporta la sospensione della patente di guida.

Come noto a tutti, la guida in stato di ebbrezza è un reato contravvenzionale, previsto e punito dall’art. 186 del Codice della Strada. Pur trattandosi di episodi ormai all’ordine del giorno, diverse sono le problematiche che possono insorgere e che necessitano di una preparazione adeguata in materia per poter esser efficacemente affrontate.

Uno degli aspetti più intricati è quello relativo alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Ciò che, infatti, non è noto a tutti è che la guida in stato di ebbrezza, in presenza di un tasso alcolemico che superi la soglia del mero illecito amministrativo (ossia un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l), comporta l’instaurazione di due procedimenti: quello penale, relativo al reato contravvenzionale, che si instaurerà innanzi al giudice penale, e quello amministrativo, relativo all’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, di competenza del Prefetto.

Questi due procedimenti, pur essendo chiaramente distinti, interferiscono l’uno con l’altro.

Ma vediamo nella pratica cosa accade.

Quando un soggetto, a titolo esemplificativo, viene fermato dalla Polizia Locale e sottoposto all’alcoltest con esito positivo, gli Agenti procedono ad elevargli il verbale di contestazione della violazione commessa, invitandolo a compiere la dichiarazione / elezione di domicilio (ossia ad indicare il luogo ove desidera ricevere le notifiche degli atti giudiziari) e, infine, nominando un difensore d’ufficio, nel caso in cui l’interessato non nomini un difensore fiduciario.

Contestualmente a ciò, gli Agenti procedono anche al ritiro della patente, che viene poi trasmessa al Prefetto, il quale, a sua volta, dispone la sospensione in via provvisoria della patente di guida ai sensi dell’art. 223 Codice della Strada.

Il diretto interessato, pertanto, subisce seduta stante il ritiro e la sospensione, seppur in via cautelare e provvisoria, della patente.

L’unico rimedio esperibile contro il provvedimento prefettizio, di natura ampiamente discrezionale, è il ricorso al Giudice di Pace.

Ecco che, in questa fase, può diventare di primaria importanza la strategia processuale da adottare in sede penale.

Al contempo, infatti, a carico dell’automobilista fermato viene iscritto un procedimento penale presso la Procura territorialmente competente, la quale, all’esito delle indagini, verosimilmente, emette un decreto penale di condanna, con il quale, in poche parole, commina al soggetto una pena pecuniaria (cumulativa di quella pecuniaria e di quella detentiva convertita in pena pecuniaria, sensibilmente ridotta rispetto a quella che verrebbe comminata all’esito di un processo penale, c.d. effetto premiale), oltre alla sanzione accessoria definitiva della sospensione della patente di guida.

Questo secondo provvedimento sospensivo della patente di guida viene dunque deciso dal Giudice penale quale sanzione amministrativa accessoria, unitamente alla pena prevista per la commissione del fatto reato.

Non dimentichiamo che, concretamente, la competenza ad applicare la sanzione spetta sempre e solo al Prefetto, il quale, nel computare il periodo di sospensione della patente di guida, deve procedere alla detrazione del periodo già scontato in sede di sospensione cautelare.

A questo punto, l’interessato può decidere di pagare la pena pecuniaria, subendo tuttavia l’intero periodo di sospensione della patente di guida previsto dal Codice della Strada quale sanzione accessoria e comminato dal giudice penale, oppure può decidere di attivare, per mezzo di un difensore procuratore speciale, un procedimento c.d. speciale, entro i ristretti termini previsti dal codice di procedura penale (ossia 15 giorni dalla notifica del decreto penale di condanna).

La strada migliore, ove percorribile, è quella del patteggiamento con richiesta dei lavori di pubblica utilità, che consentiranno, in caso di esito positivo, da una parte, di estinguere il reato (fedina penale pulita) e, dall’altra, di dimezzare i termini di sospensione della patente di guida, oltre che di evitare la confisca del veicolo se di proprietà.

Attenzione però: non sempre questa strada sarà percorribile. Non lo è, ad esempio, se si è già beneficiato di tale strumento in passato, o se si è cagionato un sinistro stradale.

Ad ogni buon conto, se si decidesse di intraprendere questo percorso, il giudice penale, con la sentenza di patteggiamento, oltre a sospendere il corso del procedimento penale fino al termine dei lavori di pubblica utilità, deve contestualmente sospendere la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, così da garantire effettivamente l’effetto premiale del dimezzamento del periodo di sospensione stesso, il quale, altrimenti, verrebbe vanificato se si mantenesse “attiva” tale sanzione per tutta la durata dei lavori di pubblica utilità, i quali, generalmente, durano svariati mesi.

Questa, tuttavia, è solo una delle innumerevoli situazioni che possono verificarsi nella concreta prassi giudiziaria.

Ogni situazione è a sé stante e richiedere una soluzione specifica.

Pertanto, nella malaugurata ipotesi in cui ci si incappi in questa situazione, sarà bene contattare tempestivamente un legale, che potrà consigliarvi la strada più opportuna e conveniente per voi.

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