Danno da infezione all’interno di una struttura ospedaliera: la struttura sanitaria deve risarcire i danni provocati dall’infezione contratta dal paziente a seguito di intervento chirurgico

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Non può ricadere sugli utenti di una struttura ospedaliera il rischio di infezioni, dagli effetti gravissimi, strettamente connesse alla gestione della struttura e dei pazienti, oltre che evitabili e prevenibili, così da prospettare, in concreto, una sorta di “roulette russa” cui dovrebbe andare incontro chiunque si rechi in ospedale.

In tal senso si è espresso di recente il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 1456 del 29/05/2017, relativamente ad un caso di danno da infezione nosocomiale, riconosciuto ad un paziente ricoverato presso la struttura sanitaria convenuta per una colica renale.

L’uomo, già affetto da diverse patologie, tra cui insufficienza renale cronica e calcolosi urinaria, si recava al pronto soccorso, ove veniva sottoposto a diversi interventi chirurgici, oltre ad una massiccia terapia antibiotica, in seguito ai quali si vedeva accertata l’esistenza di infezione da Klebsiella Pneumoniae Multiresistente (contratta nel corso del ricovero ospedaliero), con successivo grave peggioramento del suo quadro clinico. Pertanto agiva nei confronti dell’azienda ospedaliera domandando la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti, facendo valere sia la responsabilità contrattuale, sorta sulla base del rapporto instaurato tra il paziente e la struttura incaricata a fornire le prestazioni di tipo sanitario, sia quella avente natura extracontrattuale.

Il Tribunale, richiamandosi al consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ribadisce la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria verso il paziente, riconducendola ad un rapporto contrattuale atipico o da “contatto sociale”, precisando che al fine di ottenere il risarcimento del danno subito, il paziente/creditore ha soltanto l’obbligo allegare l’inadempimento oggetto di doglianza, provare l’esistenza del rapporto fonte delle obbligazioni e l’aggravamento o l’insorgenza di una patologia, mentre resta a carico della struttura convenuta la dimostrazione che tale inadempimento non si sia verificato ovvero che esso non sia stato causa del danno.

A seguito dell’espletamento di apposita consulenza tecnica d’ufficio medico-legale, veniva accertato il nesso causale tra l’intervento eseguito dalla struttura sanitaria e l’insorgenza dell’infezione, anche in base all’analisi dei ceppi batterici isolati dalla ferita chirurgica. Viene poi rilevata l’inosservanza da parte della struttura sanitaria delle linee guida circa il profilo della durata della terapia antibiotica, il monitoraggio dei parametri ematici nonché l’esecuzione di esami diagnostici specifici. Per tali ragioni il Tribunale ritiene che la condotta dei sanitari sia stata determinante ai fini dell’insorgenza dell’infezione.

A fronte di ciò viene determinato un danno da invalidità permanente pari ad € 356.807,00=, somma che tiene conto dell’aggravamento delle condizioni cliniche del paziente, già affetto da varie patologie, in modo rilevante all’apparato urinario ed a quello respiratorio, con un’oggettiva incidenza in termini di autonomia oggettiva e di percezione della stessa, causate dalla sostanziale incuria nella gestione ordinaria dei pazienti e degli ambienti nosocomiali.

In particolare, nella sentenza in esame, si attribuisce un peso specifico alle intrinseche carenze dell’ospedale in questione, in termini di idonea prevenzione, oltre che per le mancanze diagnostiche e terapeutiche evidenziate nella perizia, che hanno aggravato gli effetti dell’infezione contratta dal paziente in ambiente ospedaliero, rilevando l’incapacità della struttura sanitaria di isolare i focolai infettivi.

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